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venerdì 20 gennaio 2017

‘Ndrangheta: il patto tra clan e impenditori

Calabria, patto tra clan e imprenditori: 35 fermi. “Scoperto codice degli appalti della ‘ndrangheta che impoverisce la regione”

L'inchiesta “Cumbertazione” ha fatto luce sul sistema per rastrellare la maggior parte dei lavori in provincia di Reggio Calabria e Cosenza: dallo sviluppo “water front” di Gioia Tauro al progetto per lo svincolo di Rosarno passando per la riqualificazione del percorsi pedonali della città della Piana.

“Abbiamo scoperto il codice degli appalti della ‘ndrangheta che impoverisce la Calabria”. Il generale della Guardia di finanza Gianluigi Miglioli è entusiasta durante la conferenza stampa dell’inchiesta “Cumbertazione” che ha portato all’arresto di 35 imprenditori, legati secondo l’accusa alle cosche, che riuscivano a rastrellare la maggior parte degli appalti in provincia di Reggio Calabria e Cosenza.
L’indagine della guardia di finanza (la parte coordinata dalla Dda di Reggio) ruota attorno alla figura degli imprenditori Bagalà (già coinvolti nell’inchiesta “Ceralacca”) e ha stroncato il sistema di infiltrazione della ‘ndrangheta nei lavori pubblici più importanti: dallo sviluppo “water front” di Gioia Tauro ai lavori per lo svincolo di Rosarno passando per la riqualificazione del percorsi pedonali della città della Piana.
“Nella maggior parte dei casi – ha affermato il procuratore Federico Cafiero De Raho – si creava un vero e proprio cartello di imprese che quando alle gare d’appalto presentano le offerte in bianco. Poi chi di dovere si occupa di riempirle in modo che il cartello si aggiudichi i lavori”.
Ma se nella Piana di Gioia Tauro a fare da padrona c’era la cosca Piromalli, in provincia di Cosenza chi dettava legge negli appalti era il boss Franco Muto, finito in carcere a luglio nell’ambito di un’altra inchiesta sul clan di Cetraro.
Dopo il suo arresto, le redini della cosca sono state prese dalla moglie, Angelina Corsanto colpita oggi dal decreto di fermo firmato dal procuratore Nicola Gratteri, dagli aggiunti Giovanni Bombardieri e Vincenzo Luberto e dai sostituti della Dda Camillo Falvo e Alessandro Prontera.
Nel mirino dei magistrati sono finiti tre grossi lavori pubblici per un valore di oltre 100 milioni di euro. Lavori che i Muto sarebbero riusciti ad accaparrarsi grazie al noto imprenditore Giorgio Barbieri che – è scritto nel decreto di fermo – “finisce (anche) per partecipare dell’organizzazione ‘ndranghetistica dei ‘Muto’, della quale infatti implementa la capacità economica con mensili corresponsioni di denaro e il controllo mafioso del territorio”.
I cantieri interessati dall’inchiesta, infatti, sono quello della famosa Piazza Bilotti a Cosenza (che comprendeva  anche la realizzazione di un parcheggio interrato e la gestione per 28 anni della struttura polifuzionale e del Mab), quello del comprensorio sport-natura di Lorica (e la relativa gestione per 25 anni) e la riqualificazione dell’aeroporto turistico di Scalea che sarebbe stato gestito dagli indagati per 25 anni.
Secondo il procuratore Gratteri, tra il Tirreno cosentino e la città Cosenza “era tutta una combine, come nel calcio. Abbiamo scoperto che il maggior imprenditore della provincia, Barbieri, era d’accordo con i colletti bianchi dei Muto. Lavoravano sempre in cordata, a Cosenza come a Cetraro”. Barbieri lavorava anche a Gioia Tauro dove “la cosca Morabito – scrivono i pm – controlla gli appalti pubblici della provincia reggina attraverso la famiglia Bagalà”. Si tratta di una famiglia di imprenditori che ha “creato un cartello di imprese che, anche per il tramite della collusione di funzionari pubblici, si accaparra gli appalti”.
Nelle intercettazioni ambientali, gli inquirenti sentono Giorgio Morabito (procuratore speciale delle società di Barbieri) e l’imprenditore cosentino parlare di milioni di euro. In particolare, più volte Giorgio Morabito fa riferimento a un “milione di euro ‘chiesto’ da Barbieri, che lui aveva anticipato perché si era ‘impegnato’ e per non “perdere la faccia’”.
La restituzione di quei soldi doveva avvenire l’11 maggio scorso ma in realtà i due si incontreranno il giorno successivo quando la guardia di finanza registra una  conversazione dalla quale emerge la capacità del principale indagato di trovarsi a suo agio tanto con la ‘ndrangheta quando con la politica. “Barbieri raccontava a Morabito – è scritto nel provvedimento di fermo – di aver avuto un incontro il giorno precedente a Lorica con il Presidente della Regione, con il quale aveva anche cenato, motivo per il quale non si era recato a Polistena il giorno precedente”.
Mentre in provincia di Reggio, Barbieri si limita ad aggiudicarsi gli appalti – scrive la Dda di Catanzaro – “svolgendo il ruolo di prestanome dei Bagalà, per gli appalti pubblici che si aggiudica a Cosenza pretende di gestirli autonomamente, sebbene avvalendosi di numerosi subappaltatori e riesce a ridimensionare le pretese estorsive per il tramite dell’intervento di Franco Muto che ha una partecipazione agli utili di una serie di imprese formalmente intestate a Barbieri”.
La procura di Catanzaro parla di “una consolidata interazione sinergica tra l’imprenditore Barbieri e la cosca di ‘ndrangheta dei Muto: in altre parole, un rapporto di sostanziale sinallagma che poggia, da un lato, sulla garanzia di intervento della cosca per la soluzione in favore dell’imprenditore e delle sue aziende di problematiche di natura economica come criminale, dall’altro, sulla stabile compartecipazione della stessa cosca ai proventi d’impresa generati da Barbieri”. È quello che il generale Miglioli definisce “il codice degli appalti della ‘ndrangheta”.
Fonte: QUI

Indagati per bancarotta fraudolenta

Mercatone Uno, dieci indagati per bancarotta fraudolenta. Sequestrati anche 170 milioni

Secondo le Fiamme gialle gli indagati - che includono i soci storici Romano Cenni e Luigi Valentini, alcuni loro familiari e altri manager - avrebbero prosciugato la struttura commerciale attraverso una serie di manovre finanziarie e societarie.

Dieci indagatisequestri per un valore di 170 milioni di euro e una serie perquisizioni per quello che è stato un impero della grande distribuzione in Italia. La Guardia di Finanza di Bologna ha eseguito un’operazione nei confronti di 10 persone, tra cui i soci fondatori, per il dissesto della Mercatone Uno di Imola, la catena di distribuzione di mobili, caduta in crisi negli ultimi anni e che a fatica sta provando a rialzarsi. Per tutti gli indagati l’accusa è quella di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione: secondo le Fiamme gialle avrebbero prosciugato la struttura commerciale attraverso una serie di manovre finanziarie e societarie. La catena di distribuzione due anni fa era entrata in amministrazione straordinaria, schiacciata da 500 milioni di passivo che avevano messo a rischio il futuro di oltre 3mila dipendenti sparsi in tutta Italia. Un dissesto finanziario che, secondo la Guardia di finanza, è stato provocato non solo dalla crisi economica generale che ha colpito i consumi, ma anche dalle operazioni finanziarie dei suoi vertici fra il 2005 e il 2013.
L’inchiesta della procura della Repubblica di Bologna è ancora aperta ed è coordinata dal procuratore capo Giuseppe Amato e dal sostituto Michele Martorelli. Sul campo lavorano gli uomini del nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Bologna guidati dal colonnello Luca Torzani. Iscritti nel registro degli indagati i due soci storici del Mercatone Uno Romano Cenni e Luigi Valentini, alcuni loro familiari e altri manager.
Secondo la ricostruzione dell’accusa, che andrà verificata nel corso delle indagini, tutto inizia tra il 2005 e il 2007 quando i vertici del gruppo attuano una riorganizzazione societaria. A gennaio 2006 creano la Mercatone uno Holding (a sua volta divisa in Mercatone Uno Estate e Mercatone Uno Business) e un fondo immobiliare (Mercatone uno Property fund) al quale trasferiscono gli immobili del gruppo. Prima però aumentano i canoni di affitto pagati dalle società – interne al Gruppo – che gestiscono i centri vendita. Secondo i finanzieri, è proprio grazie a questa operazione che, al momento della riorganizzazione, si creano riserve per 140 milioni di euro che finiscono nella pancia delle nuove società.
Nel giugno 2007 ne vengono costituite altre due in Lussemburgo, riconducibili a Cenni e Valentini, alle quali la Mercatone Uno Estate vende, a rate, gran parte delle quote del fondo immobiliare per un valore di 170 milioni di euro. Da allora in avanti, secondo le Fiamme Gialle, sarebbe stato creato un sistema per far sì che che i pagamenti delle rate per la cessione di quegli immobili avvenissero con denaro dello stesso Gruppo Mercatone Uno: cioè con la distribuzione ai soci – dunque anche a Cenni e Valentini – di quelle stesse riserve create in precedenza attraverso la riorganizzazione societaria e l’aumento dei canoni di locazione.
Infine tra il 2012 e il 2014, terminato il pagamento delle rate, secondo l’accusa Cenni e Valentini smontarono la struttura delle società estere e riportarono il patrimonio immobiliare del gruppo alla società Cve, da loro stessi controllata e che ha continuato finora a incassare i canoni di locazione dalle società del gruppo Mercatone Uno. Secondo la Guardia di finanza gli indagati, tramite le loro società lussemburghesi e in seguito la Cve (ora sotto sequestro preventivo), hanno incassato negli anni canoni di locazione in maniera indebita per almeno 100 milioni di euro.
La famiglia Cenni, in una nota dell’avvocato Luigi Lebro “si dichiara estranea a qualsiasi illecito e ritiene che l’analisi degli stessi documenti oggi sequestrati dimostrerà la piena legittimità del proprio operato”. Tutto secondo le regole spiega dunque il difensore: “L’operazione di scorporo immobiliare (spin off) del 2006 di parte degli immobili del Gruppo Mercatone Uno – dice l’avvocato Lebro – venne condotta secondo modalità assolutamente consuete, verificata da primari consulenti, nel pieno rispetto della normativa e fu approvata dagli organi istituzionali di controllo; l’operazione fu concepita ed attuata nell’esclusivo interesse del Gruppo e non certo per quello dei soci”.
Intanto la situazione di Mercatone uno, nonostante il buon andamento degli affari nel 2015-2016, continua a essere delicata. Nel settembre 2016 è andata a vuoto l’offerta di acquisto e i commissari giudiziali, nominati due anni fa, in base alla legge Marzano, stanno preparando una nuova gara.
Fonte: QUI

Fondi neri di Petrobras: Morto il giudice in incidente aereo

Brasile, morto in incidente aereo il giudice che si occupava del processo sui fondi neri di Petrobras

L'aereo su cui Teori Zavascki viaggiava, stando alle prima notizie, è precipitato in mare vicino a Paraty, località turistica sul litorale di Rio de Janeiro. Il pm Sergio Moro, titolare in prima istanza della maxi inchiesta Lava Jato che ha travolto decine di uomini politici e portato alla messa in stato d’accusa della presidente Rousseff, si è detto "perplesso"

E’ morto in un incidente aereo il giudice della Corte suprema brasiliana relatore del processo nato dell’inchiesta sui fondi neri della compagnia petrolifera statale Petrobras, la Mani Pulite verde-oro che ha travolto decine di uomini politici compreso l’ex presidente Ignacio Lula Da Silva. L’aereo su cui Teori Zavascki viaggiava, stando alle prima notizie, sarebbe precipitato a Paraty, località turistica sul litorale di Rio de Janeiro, dove avrebbe dovuto trascorrere un periodo di ferie. L’aereo, un modello Hawker Beechcraft King Air C90, è caduto in mare, dove sono nel frattempo giunti i soccorritori. Delle quattro persone a bordo, solo una sarebbe sopravvissuta.
Il pm Sergio Moro, titolare in prima istanza dell’inchiesta Lava Jato (‘autolavaggio’, come la polizia ha battezzato l’operazione della polizia), ha detto che è morto “un eroe brasiliano” e ha aggiunto di essere “perplesso” per l’accaduto. L’inchiesta Lava Jato, che ha portato a decine di arresti, ha profondamente scosso il Paese. Lula Da Silva è stato rinviato a giudizio e il terremoto politico ha portato alla messa in stato d’accusa della presidente Dilma Rousseff nel settembre 2016. Zavascki, 68 anni, era decollato da San Paolo diretto a Paraty per un periodo di ferie.
Fonte: QUI

Caserta, il comandante dei carabinieri e la politica

               Caserta, il comandante dei carabinieri al politico: “Sto lavorando per te e per fare il servizietto al tuo avversario”

Inchiesta della Dda, indagato per corruzione un sottufficiale dei carabinieri. Rapporti “di servile sudditanza” con Pasquale De Lucia, ex sindaco ed ex consigliere regionale campano Udc, arrestato per associazione a delinquere. Al telefono il militare avrebbe concordato con De Lucia come e quando fare un blitz per danneggiare elettoralmente Emilio Nuzzo, capo della coalizione rivale alle amministrative di San Felice a Cancello (Caserta)

“Proprio questa notte stavo lavorando per voi, prima di Pasqua ci facciamo il servizietto”. Al telefono il comandante dei carabinieri di San Felice a Cancello (Caserta) sembra contento. E’ il 19 aprile 2011 e dall’altro capo c’è il sindaco uscente Pasquale De Lucia, Udc, da pochi mesi dichiarato decaduto da consigliere regionale per non essersi messo in tempo in aspettativa dal lavoro di dipendente della Regione Campania. Il maresciallo e De Lucia starebbero complottando un’operazione: l’ispezione a casa dei familiari del rivale politico di De Lucia, Emilio Nuzzo, candidato sindaco del centrodestra, per contestare un furto di energia elettrica, un allaccio abusivo alla rete pubblica. “Il servizietto” cui accenna il maresciallo è questo: denuncia all’autorità giudiziaria e sputtanamento. Siamo in piena campagna elettorale per le amministrative che si terranno di lì a un mese e l’avversario di De Lucia subirà un danno di immagine quando la notizia diventerà pubblica. Nuzzo vincerà comunque le elezioni contro Carmine Campagnuolo, sostenuto da sei civiche tra cui una dal nome ‘Uniti per De Lucia’.


Secondo il Gip Mario Morra, il comandante dei carabinieri, maresciallo T. F., “spicca per la disponibilità e dedizione” verso De Lucia, arrestato per associazione a delinquere, corruzione e rivelazione di segreti d’ufficio con l’aggravante del metodo mafioso nell’ambito di un’inchiesta della Dda di Napoli. Per i suoi rapporti “di servile sudditanza” con il politico, il militare è indagato per corruzione: il Gip ne ha respinto l’arresto dichiarando l’incompetenza territoriale e restituendo gli atti ai pm Catello Maresca ed Alessandro Milita. Senza accuse o aggravanti di camorra, il reato è stato ritenuto disconnesso da quelli di competenza dell’Antimafia, se ne occuperà la Procura ordinaria di Santa Maria Capua Vetere. Dalle intercettazioni depositate, avvenute tra il 2009 e il 2011, traspare la confidenza tra il comandante e l’ex sindaco. E il presunto prezzo della corruzione tra i due: l’intercessione del politico per la nomina del sottufficiale a Cavaliere della Repubblica. Avvenuta circa un anno prima. La notizia uscì sui giornali. Con le foto. Tra le ‘autorità presenti’ in Prefettura di Caserta, un sorridente De Lucia. Ecco la conversazione del ‘servizietto’ da fare a Nuzzo.



19 aprile 2011Maresciallo: Onorevole buongiorno!
Pasquale: Buongiorno.. . chi è ?
Maresciallo : Maresciallo di Cancello!.
Pasquale: ooh…ooh..oh..oh.. (inc) supremo!!!
Maresciallo : Eh… Io. Fino alla notte..alle quattro..alle cinque… proprio stanotte stavo proprio lavorando per voi…
Pasquale: Ma chi ve lo fa fare !!! Tanto la medaglia non c’e la danno !!!
Maresciallo: No ma io lavoravo per voi !!!
Pasquale: Sìì Eh.. eh.. he.. (ride). Comando.. io.. io ho precisato al vostro collaboratore che sono…
Maresciallo: Noi. no..no.. ma io già stavo facendo già io… non vi preoccupate….
Pasquale: Siccome mi è arrivata sta cosa ho ritenuto opportuno farvela… (ndr si riferisce all’esposto relativo al furto di energia elettrica da parte della famiglia Nuzzo) anche perché citava il fatto che eravate stati avvisati e non era arrivato nulla, e nella lettera si dice “caccia i palle come sai fare visto le cattiverie che hai ricevuto” per cui io… non lo… (inc)
Maresciallo: Nooo.. ehhh prima.. prima di Pasqua ci facciamo il servizietto…. se è tutto a posto (ndr si riferisce al controllo presso l’abitazione della famiglia Nuzzo)…
I due discutono dei tempi del blitz
Pasquale. Prima di Pasqua la fate la verifica o no.. Comandà…?
Maresciallo: No io.. mo adesso ho finito di parlà… perché quello ho preso appuntamento… quello… lo sapete…questi.. devono venire dopo gli orari di lavoro, perche’ è la sera no….alIora domani viene il.. titolare…(ndr si riferisce al titolare della Ditta Elettrogesuele)
Pasquale: sì
Maresciallo: E poi… concordiamo o giovedì o venerdì santo
Pasquale: vu bene, va bene…
Maresciallo: Poi vi faccio… Io vi volevo fare la sorpresa!!! Macché… neanche la sorpresa (ride)
L’ispezione andrà a segno. Nuzzo non viene indagato (la denuncia riguarda solo i suoi familiari) ma ovviamente va comunque su tutte le furie, perché la notizia viene immediatamente amplificata. Reagirà con una controdenuncia ai carabinieri di Maddaloni. Dichiarandosi vittima di una montatura, e lasciando intendere che i carabinieri di Cancello potevano essere stati coinvolti nella manovra elettorale a suo danno. Il resto è cronaca giudiziaria di queste ore.
FONTE: QUI


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