MILANO. La direttiva europea Brrd è una rivoluzione in banca, perché dal 1° gennaio sposta il costo dei salvataggi e dei fallimenti più di prima sulle spalle di azionisti, obbligazionisti e nei casi più estremi depositanti. Ne abbiamo avuto un antipasto con la messa in sicurezza dei quattro istituti del Centro Italia, costata 788 milioni a 10mila prestatori subordinati, e che conta per l'1% degli attivi totali ma ha portato l'insicurezza nelle pance del restante 99%. Ed è normale. Perché da una parte non sarà più lo Stato a pagare gli errori delle banche, come avvenuto nei grandi paesi del capitalismo (ma non in Italia: mancavano i fondi). Dall'altra, perché la legge sul bail in allinea molto i destini delle banche e dei loro clienti.
Le migliori cautele saranno puntare sugli istituti più solidi – l'indicatore patrimoniale Cet1 dice molto – quelli che coprono meglio le sofferenze bancarie (ce ne sono per 200 miliardi, coperte da poco più del 30% al 50%, con virtù più diffusa tra i grandi prestatori), quelli che rischiano meno. Vediamo quali sono le categorie del passivo bancario - una montagna alta 1.000 miliardi di euro, circa la metà del passivo totale - che il bail in rende meno sicure, perché le chiama a coprire almeno l'8% delle perdite di un istituto, prima che possa intervenire il Fondo di tutela del settore e a mali estremi la fiscalità generale.
Fonte: repubblica.it
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